venerdì 5 ottobre 2012

L'anoressia nella cultura occidentale


Il problema dell’anoressia  deriva innanzitutto da un cambiamento sociale che sta investendo l’umanità, in particolare il mondo occidentale.  Oggi, la magrezza non è oggetto di desiderio in sé, ma tale in quanto tratto tipico della bellezza ideale occidentale. È stato Helen Malson ad occuparsi di vari studi di genere concernenti l’essere donna nella società occidentale contemporanea, ed in particolare di temi riguardanti il corpo, la bellezza, l’essere magri o grassi, il mangiare e il non mangiare, l’aumentare e il perdere peso. Attraverso varie interviste di gruppo, volte all’ascolto della "voce quotidiana", vennero riscontrati dei temi dominanti come: l’essere magre per piacere e l’idea di una donna mite e senza forze ma al contempo anche con un forte autocontrollo.
Vi è oggi inoltre un ambivalente tensione del sesso femminile verso un“mondo-azione maschile”, che da un lato viene desiderato ma, dall’altro, anche temuto. L’inadeguatezza dell’io femminile in tale scenario è causa dell’educazione ereditata dalla cultura pre-industriale, basata sulle rigide leggi di tipo patriarcale in cui i ruoli di “gender”  (genere) sono fortemente costituiti e stereotipati. Secondo tali stereotipi la donna deve essere meramente domestica e succube degli obblighi familiari, l’esterno è dunque riservato ai soli uomini. Tale educazione patriarcale risulta però deleteria nel momento in cui si scontra con gli slogan anti-tetici che rivendicano l’idea di una “donna nuova”, ovvero una donna capace di essere uomo. Per poter essere donne-uomo però occorre cambiare radicalmente la propria struttura esistenziale, al punto di materializzare il problema. Si scinde così il proprio io dal proprio corpo e si oggettivizza il corpo scegliendo l’emaciazione  come unico rimedio per la propria indipendenza. In tal senso la diagnosi di malattia permette la creazione di una nuova identità e dunque legittima la sofferenza. È per tali motivi che la famosa psicoterapeuta Mara Selvini Palazzoli , creando la Terapia Sistemica Familiare, ipotizza il bisogno di un analisi terapeutica che non includa solo il singolo individuo, ma che coinvolga anche la famiglia e la società in cui egli si colloca.
Seguendo tale linea di pensiero, assumendo dunque un modello di pensiero multicausale, si può dunque supporre che i disturbi alimentari, quali l’anoressia e la bulimia, siano una sorta di soluzione patologia al problema dell’identità femminile odierna. 

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